Spesso alcune mamme si definiscono (o definiscono le altre) FORTUNATE o SFORTUNATE, a seconda che il proprio figlio (o quello degli altri) sia educato o maleducato, obbediente o meno, dorma o non dorma ecc.
Secondo questa teoria un neonato/bambino piove dal cielo già educato, disciplinato, dormiglione, o al contrario maleducato, capriccioso o insonne.
Vi è mai capitato che vi dicessero “beata te, quanto sei fortunata!”, osservando magari vostro figlio che dice un semplice “grazie”, oppure che si lega le cinture in macchina senza che tu gli dica niente, oppure che fa la fila con voi alla posta standovi seduto accanto?
Se sì, come vi siete sentite? Compiaciute o infastidite?
A me è capitato e io mi sono sentita terribilmente infastidita!
Chi dice questo infatti non sa quanto mi è costato quel “grazie”, quante volte l’ho ripetuto al mio bambino, ogni giorno, fin da quando era ancora piccolissimo, quante volte mi sono arrabbiata perchè invece non voleva dirlo!
Non sa quante calorie ho perso per bloccarlo sul seggiolino e allacciargli le cinture, fin da quando iniziava a ribellarsi, perchè era importante per la sua sicurezza!
Non sa i pianti che ho sopportato, spiegandogli e rispiegandogli che fosse importante per lui, finchè non arrivava il giorno in cui era lui stesso ad avvisarmi, se per distrazione mi dimenticavo di legarlo.
Non sa nemmeno quanto mi è costato far capire ai miei figli più ribelli che al supermercato non si tocca niente, non si corre e non ci si sdraia per terra.
Non sa la vergogna che ho provato pur di non cedere ai capricci di fronte alla gente, mentre mio figlio sdraiato nella corsia dei latticini urlava battendo i pedi che voleva quel gioco!
Perchè parlare di FORTUNA allora? Qui si tratta di IMPEGNO, di FORZA DI VOLONTÁ, di COERENZA!
Spesso sappiamo qual è la cosa giusta da fare ma bisogna trovare la chiave per riuscirci…e non è affatto facile.
Vogliamo ad esempio farli dormire da soli, ma siamo confusi, non sappiamo da dove cominciare. Oppure vorremmo dire di no ma ci vergognamo ad alzare la voce in mezzo alla folla.
Facciamo tanti tentativi e tanti errori, ma la premessa è giusta! L’obiettivo è quello di far rispettare la nostra volontà e prima o poi la strada si trova.
Rimango sconvolta da coloro che invece accettano passivamente il comportamento dei propri bambini, come se fosse un qualcosa su cui non possiamo in alcun modo intervenire. “Mio figlio purtroppo è così”, sento spesso dire…ma che significa?
Innanzitutto dobbiamo fare una distinzione tra genetica, carattere ed educazione:
La genetica studia la trasmissione dei caratteri ereditari quindi parliamo al 100% di fortuna!
Hai gli occhi azzurri? È fortuna!
Sei alta? È fortuna!
Sei alta, mora e con gli occhi azzurri? Hai avuto un c….o pazzesco!!!
Il carattere è il complesso di qualità e attitudini psicologiche che costituiscono la personalità dell’individuo.
Sembra che esso sia determinato in parte dal patrimonio genetico, in parte dall’ambiente in cui l’individuo vive, anche se non si sa bene in quale proporzione. In conclusione possiamo parlare anche qui di fortuna, se non al 100% almeno al 50%.
L’educazione è l’insieme di principi intellettuali e morali trasmessi ad un individuo e qui direi che la fortuna proprio non c’entri nulla…
In base a queste premesse, se un bambino dice “grazie” dipende solo dal fatto che gli è stato insegnato, sia attraverso il linguaggio, sia attraverso l’esempio…quindi perchè si dovrebbe parlare di fortuna? Semmai si dovrebbero fare i complimenti alla sua famiglia perchè è riuscita a farglielo dire!
La stessa cosa se rispetta le regole, o si lega con le cinture in macchina, o si comporta bene mentre fate la spesa ecc.
Se si ha un figlio con un’indole tranquilla si farà sicuramente molta meno fatica, in questo senso si può parlare con certezza di fortuna. Nel caso in cui invece il bambino sia molto vivace, servirà un grande impegno per “contenerlo”.
Sembra un ragionamento logico…
Invece c’è chi accetta passivamente le notti insonni, i capricci, le scenate al supermercato, l’aggressività gratuita al parco, il ribellarsi alle regole, le imposizioni dei figli…dicono che fare la madri sia un lavoro duro, ma non perchè sia impegnativo contrastare questi comportamenti bensì perchè è difficile sopportarli!!! SOPPORTARLI…
Vi faccio qualche esempio di risposte di mamme che “subiscono”:
Il neonato sta sempre in braccio e non riesci nemmeno a mangiare. “Passerà, fare la mamma è un lavoro duro mia cara!” (Certo, si abituerà da solo!);
Il bambino al parco picchia tutti? “È una fase”;
A 3 anni vuole tutto frullato! “Piano piano imparerà” (avrà un’illuminazione quando si sposerà!);
Il mio STA nel lettone (STA, come se ce l’avesse nel DNA ‘sto lettone). “Prima o poi crescerà”;
A 5 mesi non vuole stare nel passeggino. “Ha bisogno del tuo calore, ci vuole tempo”.
Ma veramente noi non possiamo fare niente per controllare tutto questo?
Sono convinta che siamo noi a dover decidere per loro le cose più importanti (ad esempio gli orari, le regole di casa, cosa dargli da mangiare e da bere ecc.) almeno fino ad una certa età!
Dopo l’esperienza con i miei figli, dopo aver letto, chiesto, ascoltato consigli, sperimentato, sbagliato, ricominciato…sono sicura, per fare un esempio, che il sonno dei nostri bambini si possa controllare (in assenza di problemi di salute, psicologigi ecc.). E per controllare intendo decidere come e quando farli dormire.
Come? Sembrerebbe difficile, in realtà è un meccanismo molto semplice: basta la convinzione che le cose debbano andare come vogliamo noi e infondere sicurezza e tranquillità (quando si è stanchi e nervosi non è facile!).
La vita e la sicurezza di un bambino ruotano intorno alla ritualità, alle abitudini, alle stesse cose ripetute ogni giorno, agli stessi orari e con le stesse modalità.
Basta applicare tutto questo anche al momento della “messa a letto”, facendo le stesse cose ogni sera, alla stessa ora, nella stessa sequenza…e iniziare da subito soprattutto, che un bambino non si inizia ad educare a 6 anni, ma appena ce lo troviamo in braccio!
Come per il sonno, questo vale anche per tutto il resto, siamo noi a decidere quando una cosa si può o non si può fare, non loro! Cosa significa “NON CI RIESCO”? L’ho sentito tante volte!
Sono i bambini che comandano, si vede che è la generazione di Rovazzi!
Non si possono far piangere nemmeno 5 minuti “altrimenti soffrono”, non si possono neanche sgridare per strada che se alzi la voce chiamano i servizi sociali!
Al supermercato poi è impossibile educarli dicendo di NO alle caramelle mentre fai la fila alla cassa, che quelli dietro di te si ribellano e gliele comprano al posto tuo!
Sono tutti in balia di questi ragazzini despoti!
Ero ancora una ragazza quando mi trovai davanti questa scena al parco: un bambino di circa 3 anni chiamava “stupida” la madre, ordinandole di andare immediatamente a comprare un succo di frutta. Lei rispose un semplice “va bene amore, ma non si dice così a mamma!”.
Visto che eravamo vicine si rivolse a me e mi confessò di essere disperata, così mi permisi di dirle che forse doveva farsi rispettare un po’ di più…”che ne sai tu, cuore di mamma!” mi rispose. Rimasi muta e scioccata e giurai a me stessa che se avessi avuto un figlio non avrei mai permesso una cosa del genere! E così è stato.
Quando nacque il mio primo bambino a volte brancolavo nel buio…e se avevo dubbi o mi disperavo per qualche motivo, chiedevo ad altre mamme, ascoltavo consigli (anche non richiesti, sono stati sempre ben accetti!), mi informavo, studiavo…
Non esiste un manuale (purtroppo!!!), ma si può imparare tanto ascoltando gli altri e anche osservando i loro errori.Abitando lontano dai miei e stando tutti i giorni da sola con i miei bimbi fino a tarda sera, ho dovuto per forza di cose:
-imparare a farli dormire presto e tutta la notte (per la mia salute mentale!);
-imparare a non farmi prendere dall’ansia se non mangiavano;
-fargli rispettare le regole fondamentali (non sono soldatini eh!) in modo da poterli gestire senza aiuto in qualsiasi situazione…per esempio potevo fare tranquillamente la spesa alle 6 di sera al centro commerciale affollato (minacciandoli prima chiaramente!).
Premetto che i miei figli sono tutti diversi, ma una cosa è certa: quando io e il padre decidiamo che una cosa va fatta…va fatta e basta! Il più tranquillo dirà “va bene”, uno dirà “aspetta”, uno dirà “no”, quello posseduto si metterà a strillare ribellandosi…ma quella cosa si farà, soprattutto se riguarda il loro benessere.
Se si riesce ad ottenere ciò che si è chiesto ad un bimbo molto vivace o testardo senza troppe tragedie (senza cioè strilli, schiaffoni, minacce varie ecc.), secondo me si può parlare di impegno e di coerenza, se non la vogliamo chiamare “bravura” perchè ci etichetta come ‘ste tanto odiate mamme perfette. Non siamo perfette, tranquille, non c’è pericolo! Qualche errore si fa sempre!
Quindi alle mamme che non dicono mai di NO vorrei dire: non si rischia di crescere un figlio che al primo rifiuto non sia in grado di controllare la propria rabbia e la propria aggressività?
Ho letto a proposito dell’ennesimo caso di femminicidio: “i ragazzi di oggi non sono abituati a sentirsi dire di NO e quindi non riescono a gestire la frustrazione che deriva dal rifiuto.”
Care mamme di figli maschi, qui dovremmo riflettere tutte quante: perchè non volendo negare la tetta a 3 anni se no piangono, o non dicendo di no a qualsiasi richiesta se no si disperano, o difendendoli dagli insegnanti per tutto il periodo scolastico, o dicendo (a sè stesse) che è inutile intervenire, tanto prima o poi cresceranno e cambieranno…iniziamo a spianargli la strada senza fargli sperimentare mai una delusione!
Quindi io direi che le conseguenze di questi comportamenti sarebbe meglio non chiamarle SFORTUNA , ma ERRORI…ai quali dovremmo cercare di ovviare mettendoci in discussione ogni giorno e non piangendoci addosso!!!
Fine della predica.
AMEN
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